C’era una volta un mondo dove “fare 13” non era solo una botta di fortuna, era l’inizio di una nuova vita. Un colpo di genio, di intuito, di cuore — e di schedina del Totocalcio. Si mettevano le crocette su 1, X o 2 e si sperava nel miracolo della domenica. E se andava male? Pazienza, si ricominciava il mercoledì. Nessuna app, nessun algoritmo, solo penna, giornale e fede incrollabile nella Dea bendata.
Era il calcio di quando le partite iniziavano tutte allo stesso orario, e se qualcuno segnava mentre tu eri in bagno, te lo raccontava la radiolina. Quella con l'auricolare mono, ovviamente. Non c’era diretta gol, c’erano le urla del vicino, la voce di Sandro Ciotti, i collegamenti con Tonino Carino da Ascoli e il silenzio sospeso degli stadi, pieni zeppi di famiglie, fidanzati, vecchi con la sciarpa annodata al collo anche a Ferragosto.
Lo stadio non era ancora una zona rossa, ma un posto dove potevi andare da solo a 12 anni e sentirti protetto. I cori erano intelligenti, ironici, persino poetici — il confine tra sfottò e insulto era chiaro, e chi lo superava, si beccava fischi più del portiere avversario. E poi c’era quella regola non scritta: l’ultimo quarto d’ora si entrava gratis. Sì, hai capito bene: aprivano i cancelli. Perché lo spettacolo era anche di chi non poteva permetterselo.
Nel frattempo, fuori dagli stadi, giravano i 45 giri. Piccoli vinili di diametro 17,5 cm, con un buco in mezzo che sembrava fatto apposta per infilare i sogni dentro un giradischi. La custodia, spesso colorata e con in copertina la faccia del cantante, misurava 18,5x18,5 cm. Il lato A era per il pezzo forte, quello che canticchiavano tutti sotto la doccia. Il lato B? Una sorpresa. Spesso una gemma nascosta.
Li infilavi nel mangiadischi, un aggeggio grande come una borsetta ma con più personalità di certi DJ odierni. Bastava una batteria e via, concerti improvvisati in spiaggia, in macchina o sotto casa. E se al tuo compleanno ti regalavano un porta dischi in plastica? Eri il re. O la regina. I 45 giri giravano — letteralmente — a 45 giri al minuto, mica per caso.
E non erano solo i cantanti a farli. Eh no. Il 45 giri era così popolare che anche i campioni del pallone si buttavano nella mischia. Paolo Rossi, per dire, l’uomo che ci fece urlare nel 1982 più forte di qualunque cantante di Sanremo, incise Domenica alle tre. Una canzone d’amore travestita da cronaca sportiva, o viceversa. “Gli avversari miei, han tutti gli occhi tuoi, vedo in testa a loro, i tuoi capelli d’oro...” — poesia da spogliatoio, musica da replay emozionale. La incise per beneficienza e non se la cavò affatto male, dando anche qui prova da campione.
Rossi non era solo. Giorgio Chinaglia lo fece. Pelé pure. E Johann Cruyff? Anche lui, con quell’aria da prof di filosofia e i piedi fatati, mise la voce su un vinile. Oggi ci sembra una follia. Domani forse tornerà di moda. Ma all’epoca era tutto naturale. Non c’era separazione netta tra il campione e il sognatore, tra il microfono e il pallone.
Quel mondo lì, fatto di schedine, cori inventati, vinili che giravano a 45 giri e tasti che facevano clack quando li premevi, oggi sembra sparito. Ma basta una nota, un vecchio disco, un “a mille ce n’è…” e ritorna tutto. Rivedi i pantaloni a zampa, le cabine telefoniche, le radiocronache, il profumo dei panini allo stadio e il rumore dei sogni che girano, a tutta velocità.
Non è nostalgia, è solo memoria con il sorriso. Un tempo in cui la musica si toccava, il calcio si respirava e la vita sembrava un po’ più facile, anche quando si perdeva. E se facevi 13… cambiavi tutto. Anche il giradischi.
I 45 giri dei calciatori sono un piccolo tesoro
trash-pop-calcistico tutto da riscoprire.
Ecco una tracklist (quasi incredibile ma vera) dei 45 giri
incisi da calciatori — tra leggende, meteore e follie pop.
Alcuni sono diventati oggetti da collezione, altri... rimossi
per il bene dell'umanità. Ma tutti meritano almeno un applauso
(o una risata) per il coraggio.
Alcuni sono chicche kitsch assolute, altri veri tentativi di “carriera parallela”. Tutti però raccontano un’epoca in cui il calciatore era ancora un essere umano che sbagliava, rischiava e – a volte – cantava male. Ma con stile.
Pronti? Alzate il volume del mangiadischi immaginario:
EMI, 1984
Un dolce brano d’amore in metafora calcistica. Voce sorprendentemente intonata. Sul retro, omaggio ai mondiali in
Messico.
Inglese/Lazio Style
Country-folk alla Clint Eastwood. Sì, il George Laziale con la chitarra in mano. Più macho che cantante.
Vari 45 giri in portoghese, dagli anni '60 in poi
Pelé crooner! Pezzi romantici, samba-pop e melodie brasiliane. Voce calda, mood da festa sotto le stelle a Rio.
Paesi Bassi, 1969
Tradotto suona tipo: "Oh oh oh (ecco che mi è successo di nuovo qualcosa di assurdo)". Pop olandese psichedelico.
Cult assoluto.
Germania, 1966
Il “Kaiser” canta l’amicizia. Voce serissima, stile Schlager. È un po’ la “Viva la mamma” tedesca.
Francia, 1991
Duetto improbabile con Philippe Lavil. Testo esotico. Clima da vacanze ai Caraibi. Sì, proprio il bomber del Marsiglia.
Paesi Bassi, anni '70
Sì, un vero inno all’Ajax. Epico, pomposo, pieno di orgoglio. Anche un po’ da stadio, ma cantato da lui in prima persona.
Francia, 1984 (forse meglio dimenticarla)
Duetto swing con un cantante vero. Platini cerca di tenere il tempo. Non sempre ci riesce. Ma è Platini, lo perdoniamo.
Mondiali 1974
La Nazionale intera in studio. Un jingle assurdo su base pop-giocattolo. È l’inno non ufficiale del disastro in Germania Ovest.
Italia, fine anni '70
Titolo da Oscar. Canzone seria, struggente, un po’ da film di Dino Risi. Lui ci crede. E in fondo anche noi.
Argentina, 1987
Un tango pop con voce roca e visibilmente emozionata. Maradona canta come gioca: col cuore in mano.
Anni ‘90, cumbia a tutto volume
Più ritmo che canto, più carisma che tecnica. Ma chi resiste al fascino della chioma più celebre del calcio?
Brasile, anni ‘80
Il "dottore" del Corinthians si lancia nella MPB (musica popolare brasiliana). Voce bassa, groove da bar di Ipanema.
Argentina, anni ‘80
Auto-tributo pop malinconico. Un’ode al proprio talento, in terza persona. Modestia portami via.