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La nostalgia è un complesso stato emotivo che si manifesta con il desiderio struggente di ritornare a luoghi, tempi o eventi del passato. Il termine deriva dal greco nostos, che significa “ritorno a casa”, e algos che si traduce come “dolore”. Questo termine è stato coniato alla fine del Seicento dal medico svizzero Johannes Hofer che lo utilizzò per la prima volta per descrivere le sofferenze dei soldati svizzeri costretti a servire in eserciti stranieri, lontani dai loro monti e dalle valli native, ma nel tempo, la nostalgia ha assunto sfumature poetiche, struggenti, evolvendo da una condizione medica a un’emozione complessa che abbraccia tristezza, rimpianto, ma anche una certa forma di gioia, derivante dal ricordo di momenti felici. I due amici fraterni di Paolo Rossi, compagni di squadra, campioni del mondo insieme a lui, sono e resteranno Marco Tardelli e Antonio Cabrini. Da ragazzi, insieme, hanno conquistato il mondo, da uomini lo hanno accompagnato sulle proprie spalle, nel Duomo di Vicenza, quel 12 dicembre 2020.

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«Click. Buio. Stamattina all’alba rispondendo come un automa alla telefonata di Michel, dentro di me si è spenta la luce. Buio pesto, niente lacrime, niente parole, niente di niente. Solo buio e un ingorgo indescrivibile di emozioni bloccate in gola. A togliermi il respiro. Non riesco, mi sono detto, non posso parlare o scrivere di Paolo oggi. Un fratello che se ne va senza un perché e senza preavviso. Poi ho pensato che negli ultimi tempi ti ho cercato, come in preda al panico, come sentendo qualcosa dentro e non sono riuscito, se non con sms o attraverso Federica, in quello che avrei voluto e allora forzando il mio carattere chiuso e pieno di pudore, di cui sorridevi divertito e scanzonato, provo a dirtelo qui, fratello sul campo e nella vita. Fratello di gioia, di luce, di pura totale felicità. È difficile, direi impossibile per me ricordare tutto quello che abbiamo vissuto insieme. Momenti belli, unici irripetibili. Insieme nella difficultà, insieme nel dolore e nell’isolamento di quel Mondiale ’82 in cui sembrava di essere soli contro il mondo e poi improvvisamente padroni del mondo intero. Giovani invincibili, ci sentivamo persino belli e irresistibili, proprio come vi vedevano allora gli italiani che ci hanno sempre riempito d’amore fino ad oggi con tutta l’Italia che piange per te. Il 5 luglio ’82, contro il Brasile, sei riuscito a trasformare in gol liberatorio un mio tiro sbilenco che poi ho provato a farti credere che fosse un mio grande passaggio. Ma con te tutto diventava grande. E poi l’11 luglio la nostra risurrezione, il tuo gol, gli abbracci con cui ti abbiamo soffocato, quel sorriso luminoso che non dimenticherò mai, la gioia, la forza, la fratellanza, quel giro di campo con la Coppa ubriachi di felicità. Ma anche molto più di questo, le nostre notti in bianco a scherzare nei corridoi, ragazzini che giocano a salvare il mondo. Scherzi telefonici, battute goliardiche assieme a Gaetano e Antonio, e poi quel velo di tristezza che spesso attraversava i tuoi occhi mobili e intelligenti, quel senso enorme di responsabilità verso un Paese che guardava noi come a un presagio di futuro. Pertini, Bearzot, il nostro maestro di vita e di calcio e gli italiani tutti. Scamiciati, sudati sugli spalti a piangere e gioire con noi. Finalmente un Paese unito dalla nostra vittoria. Un miracolo, ma il miracolo fatto da un gruppo di ragazzi che ancora oggi, quasi 40 anni dopo, si sentono famiglia, se da lassù il disorientamento che viaggia sui messaggi della nostra chat. Forse sorridi ripensando a quell'esibizione maldestra ed emozionata con Francesco De Gregori solo un anno fa prima che si spegnesse la luce. E allora Paolo dai un bacio a Gaetano e abbraccia il Vecio anche da parte mia.

Marco Tardelli

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«Non sei più tra noi. Io non ho perso solo un compagno di squadra, ma un amico di quelli che incontri sul tuo cammino e diventano amici per sempre, un fratello. Le emozioni che abbiamo condiviso hanno stravolto la nostra vita, regalandoci delle sensazioni impagabili. Insieme abbiamo sconfitto le delusioni, combattuto, vinto e a volte perso, sempre rialzandoci con la forza di guardare avanti al prossimo traguardo. Insieme noi abbiamo conosciuto il significato vero di questa parola siamo stati parte di un gruppo, quel gruppo, il nostro gruppo. Io non credevo che ti saresti allontanato così presto. Pensavo che avremmo camminato ancora un bel po’ insieme. Ti vedo ancora scartare furtivamente una caramella e infilartela in bocca, senza farti notare, con la rapidità che ti era riconosciuta da tutti e che meritavi in tanti tuoi gesti. Tu già mi manchi, mi mancano le tue parole di conforto, le tue battute i tuoi stupidi scherzi, le nostre litigate, le tue improvvisate e il tuo sorriso. Mi manca proprio tutto di te, perché sono quelli come te che rendono bella l'amicizia. Oggi voglio ringraziarti, amico mio. Grazie, perché se io sono quello che sono lo devo anche al meraviglioso amico che sei stato. Ciao Paolo, sappi che non ti lascio andare. Sarai sempre dentro di me. Ti prometto di stare vicino a Federica e ai tuoi figli, ma tu stammi vicino. Rimani vicino a tutti noi. Ciao Paolo.»

Antonio Cabrini

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