home-page

“Pensa se da questo sottopassaggio un giorno entrasse in campo Paolo Rossi con la maglia del Perugia”.

“Si può fare”.

Questo dialogo, che sembra scritto nell’ambito di quel realismo magico che contraddistinguerà il 1982 di Gabriel Garcia Marquez e Pablito, è invece veramente accaduto ed è frutto della visione del presidente Franco D’Attoma, leader del Perugia dei miracoli, quello che nella stagione 78/79 chiuse la serie A senza sconfitte, pur non vincendo lo Scudetto. Serviva sognare in grande sul mercato, ma Paolo Rossi costava una fortuna, ma usando la fantasia, i sogni a volte diventano realtà. E la chiave è in quel “si può fare”, pronunciato da Gabriele Brustenghi, l’uomo al fianco di D’Attoma davanti a quel sottopassaggio. È un amico del presidente, ma anche il direttore marketing di Ellesse, storico marchio di abbigliamento sportivo con base a Perugia:

“Proposi al presidente di trovare uno sponsor e di metterlo sulla maglia. Sapevo già a chi parlare quell’idea: ai fratelli Alfredo e Marino Mignini, proprietari del pastificio Ponte di Perugia di Ponte San Giovanni, in provincia di Perugia. Avevamo ottimi rapporti e si fidavano di me e di D’Attoma. Ci dettero 400 milioni di lire. Così nacquero gli sponsor sulle maglie di calcio in Italia: per portare Paolo Rossi a Perugia”.

Nel mondo del realismo magico, tuttavia, le cose non avvengono mai in modo lineare. “Lo sponsor Ponte ci dette la copertura finanziaria per l’operazione Rossi - continua Brustenghi - Con Giussy Farina, il presidente del Vicenza, trovammo l’accordo nella sua casa in Versilia, ma i problemi arrivarono presto con la Federazione”. Già, perché la maglia nel 1979 veniva vista come un oggetto da lasciare immacolato. Almeno nel calcio, perché nel tennis Ellesse – il cui presidente Servadio era cognato di D’Attoma – aveva già messo il proprio marchio da anni sui tennisti. Un logo già visibile nei trionfi di Barazzutti in Davis o nelle vittorie di Chris Evert.

“Quando iniziò a girare l’idea, in molti erano scandalizzati. Il Presidente dell’Inter Fraizzoli disse che sarebbero dovuti passare sul suo cadavere per mettere uno sponsor sulla maglia nerazzurra: un paio d’anni dopo vedemmo il marchio Fiorucci su quella divisa. Senza cadaveri per fortuna”.

Il pastificio Ponte, tuttavia, dovette trasformarsi in… marchio di abbigliamento sportivo! Sulla maglia del Perugia, sotto il Grifo comparve la scritta “Ponte sportswear”. Uno stratagemma per aggirare la regola che vietava di mettere uno sponsor che non avesse a che fare con materiale tecnico. “Non se la bevvero però”, sorride Brustenghi. “La federazione minacciava multe e non sembrava propensa a mollare”. Poi arrivò il momento di andare in campo. E il 26 agosto 1979 il Perugia uscì dal tunnel per affrontare la Roma in coppa Italia con Paolo Rossi. Il sogno realizzato, ma con una sorpresa: uscirono tutti dal sottopassaggio con lo sponsor Ponte Sportswear. Uscì anche Paolo Rossi, ma senza sponsor. La beffa. Incredibilmente il marchio arrivato per finanziare soprattutto l’acquisto di Pablito non apparve sulla maglia del centravanti. Rossi aveva infatti già un accordo con la Polenghi Lombardo, altra azienda alimentare. Accordo esclusivo di un anno come testimonial. Un bel problema, ma i fratelli Magnini non si tirarono indietro. La sponsorizzazione era un atto d’amore per il Perugia e di fiducia a D’Attoma, un uomo specchiato, che fu costretto a togliere il marchio, dopo una prima multa di 20 milioni da parte della FIGC, ma continuò la sua battaglia e il 23 marzo del 1980 il logo Ponte Sportswear ricomparve su tutte le undici maglie del Perugia. E questa volta anche Paolo Rossi la indossò. Eppure, ai più attenti, quella data farà suonare un campanello d’allarme: quello è il giorno dei poliziotti che entrano negli spogliatoi per arrestare molti calciatori coinvolti in un caso di scommesse clandestine. Anche il Perugia è coinvolto a causa di un Avellino-Perugia del 30 dicembre ’79. Una partita in cui Paolo Rossi segnò una doppietta. Quel 23 marzo Pablito non viene portato via in manette, ma verrà coinvolto nel processo e squalificato per due anni. Si proclamò sempre innocente e il dolore che attraversò probabilmente è difficile perfino da raccontare, ma la sua redenzione avverrà in Spagna, 52 mesi dopo.